"La magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. UN automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo". "UN automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della 'Vittoria di Samotracia'". "UN automobile".
L'uso del maschile, cui più volte si fa ricorso nel "Manifesto del Futurismo" redatto da Filippo Tommaso Marinetti agli albori del XX secolo - in un'epoca pionieristica in cui si era ancora incerti sul genere della nuova parola -, sottolinea un'implicita contrapposizione fra l'energia mascolina del bolide a motore e l'eterea femminilità della scultura greca.
Ma, ad un certo punto, nell'italiano - contrariamente a quanto avviene nella maggior parte delle lingue europee, dove il termine conserva tuttora il genere maschile - l'automobile cambia sesso, grazie a Gabriele D'Annunzio, che affermò categorico:
"L'automobile è femmina!".
E, da allora, il "sogno" degli italiani, si è "femminilizzato", entrando nell'immaginario collettivo come vero e proprio oggetto del desiderio, capace di accendere fantasie di libertà e suscitare brame di possesso