Mi permetto di aggiungere a quanto già avete correttamente detto, una piccola considerazione personale; diversi sono i modi per contrarre il virus che riempie il sangue di chevroni.
Di certo l'essere, in qualche modo, fautore delle fortune ed imprese della marca ai suoi albori è stata la via più diretta; il Sig. Gregorio ci fa emozionare anche perchè insieme ci mette l'orgoglio delle proprie vicende lavorative personali e quella umana e struggente nostalgia per gli anni della giovinezza passata. Onore e rispetto a lui.
Ben sapendo qual'è il volano che muove la mia passione e devozione per gli chevrons, oggi decisamente io non vorrei essere al suo posto, lavorativamente parlando; proprio perchè raccolgo le vostre giuste parole sulla perdità d'identità del lavoratore moderno, qualunque sia la sua mansione in azienda.
Il volano in questione è la fantasia; fin da piccolo sognavo, immaginavo e mi ritrovavo a giocare con i miei piccoli pensieri per ore. Immaginatevi la DS guidata dalla mia insegnante delle elementari, che effetto dirompente poteva innescare nella mente fervida di un bimbo; per non parlare poi delle CX con la lunule che pareva la plancia di un'astronave e i meravigliosi "monorazza" ,degno timone di astronavi immense ed inarrivabili agli occhi di noi bambini.
Gli chevroni mi sono entrati nel sangue perche' mi hanno aiutato, insieme alle mie letture e a tutti i miei interessi a pensare a sognare; infine ad essere libero.
La libertà è la sensazione più ricorrente che provo quando guido una delle mie "vecchiette" ; in un mondo come il nostro, pensare e sognare, anche facendo un mestiere che ci lascia indifferenti, (ma dovemo pure magnà...) ci permetterà certamente di rimanere umani.
Spero che, se se avrò la fortuna di averne, mio figlio possa divenire citroenista.
En avant.
PS: Perdono per l'Iliade che ho appena postato