In queste settimane sto lasciando la Dea al lago, per risparmiare un po' sul garage e lasciarla tranquilla in settimana e godermela nei week end in un ambiente meno aggressivo di quello cittadino ... anche perchè a fine mese convolerà dal carrozziere per il famoso intervento, in attesa che le tasche del sottoscritto ... si riempiano un po'.
Oggi sono quindi tornato nella metropoli con ... la vettura sostitutiva, la 2CV di mio padre...
... che è del 1984, va bene, però nel viaggio mi ha consentito di fare alcune riflessioni sulla gamma Citroën coeva alla mia DS (se non erro, il motore da 602 cc c'era già nel 1970, giusto?) e in generale a quello che a mio avviso è un quinquennio d'oro per la marca (1970-1975) prima della fusione con la Peugeot e dopo l'introduzione di due modelli particolarmente importanti, GS ed SM.
Quando viaggio nella 2CV o nella Méhari di papà mi piace il fatto di riuscire a trovare, nonostante le ovvie differenze di allestimenti, forma e potenza, degli elementi comuni che rientrano in secondo me in una concezione che Citroën applicava ai modelli di tutta la sua gamma.
Mi piace guardarle e vedere che sono/erano vetture dalla linea radicalmente diversa dalle coetanee, mi piace salire sapendo che sprofonderò nel sedile, mi piace vedere dei pedali con la stessa copertura in gomma "chevronata" della mia, mi piace avere quella buona visibilità laterale che ritrovo (ovviamente in forma maggiore) sulla DS, mi piace vedere come s'imbarcano in curva pur restando sempre incollate a terra (e la grande sicurezza che ne deriva), mi piace passare molleggiando su buche e dossi, mi piace vedere che i comandi di frecce e fanali seguono la stessa logica, mi piace guardare nel cofano e trovare sempre qualcosa di originale (che sia il motore orizzontale raffreddato ad aria o il convogliatore, gli adesivi LHM/Total, la ruota di scorta o uno strano filtro dell'aria) e così via.
Personalmente trovo di grande intelligenza l'aver dato un'impostazione comune a tutte le vetture di una gamma. Al cliente affezionato allora come all'appassionato oggi avrà fatto piacere poter provare sensazioni simili su tutte le proprie Citroën, ed è forse il modo migliore per fidelizzare una clientela, indipendentemente dalle possibilità economiche di ciascuno. Sui modelli di quegli anni, il Double Chevron sul cofano era perfettamente inutile, tale era l'identità e la personalità di queste vetture. Penso che oggi, al di là dei singoli componenti comuni, questo fatto sia un po' scomparso (in tutte le marche, beninteso).
Certo, le differenze sono ovviamente e giustamente moltissime: la 2CV in autostrada sopra i 100 all'ora diventa assordante, le portiere vibrano, il fruscio dell'aria è fastidioso e una folata di vento in direzione contraria fa scendere la velocità del 20% (sempre meglio che sulla Méhari, dove una folata di vento contrario fa spostare la macchina di tre corsie
). La frenata è buona ma nettamente inferiore a quella della DS, come pure la solidità percepita dell'insieme. Anche il molleggio, su certi dossi autostradali, diventa quasi secco. La DS viaggia a 120 km/h con un equilibrio, una sicurezza (e, da oggi posso dirlo, un silenzio!
) che sono unici per una vettura di 40 anni: forse soprattutto in questi aspetti trovo straordinaria la sua modernità e la sua capacità di viaggiare con la V maiuscola, di ingoiare chilometri con una golosità che potrei definire bulimica (citando l'Auto-journal).
Ciononostante, e su questo volevo soffermare la mia riflessione, gli elementi comuni cui accennavo prima restano: i sorrisi a quarantadue denti che ti lanciano gli altri automobilisti (e il mio quando mi siedo al volante) ne sono la dimostrazione, la dimostrazione di una filosofia così particolare di una marca così particolare che, anche nel lungo periodo, è stata di grande intelligenza creativa.
Mi piacerebbe fare lo stesso percorso anche con una GS, una Ami 8 e una SM, per vedere di nascosto l'effettocheffà.