EPILOGOCome spiegato nella puntata precedente, sono rientrato in Italia a mezzo aereo il 17 agosto, lo stesso giorno in cui la DS è rientrata nell'officina di Adrian dopo un viaggio di 700 km verso sud. Al nostro meccanico inglese ho fatto capire che, viste le spese ingenti, non avevo nessuna fretta... perciò ha lavorato con calma e ho avuto sue notizie a fine settembre. "
La macchina è pronta, passi a prenderla?"
Un mesetto sabbatico di distacco e pausa da tutto il mondo Citroen (forum compreso, così capirete la mia assenza) e di riflessione.
Venerdì 2 ottobre, sveglia all'alba per prendere il trenino per Malpensa da Milano e da lì il volo British Airways per Londra. Una coincidenza a Heathrow è sempre un'esperienza affascinante, nei terminal limpidi e luminosi si incontrano persone e aerei da tutto il mondo e si fa un autentico bagno globale, pur con un filtro di efficienza britannica.
Subito dopo pranzo è decollato il secondo volo per Leeds, semivuoto e brevissimo, praticamente un balzo sopra le Midlands e il Peak District; all'arrivo all'aeroporto verso le 14, ci (viaggiavo con un amico, un altro irriducibile del viaggio di quest'estate) aspettava Nigel Wilde, che ci ha condotti all'officina di Adrian in meno di mezz'ora. Sotto un cielo azzurro e una temperatura insolitamente mite per lo Yorkshire ad ottobre abbiamo così ritrovato il nostro salvatore e la DS in trepidante attesa. Subito un giro di prova di una decina di miglia per sperimentare l'ottimo lavoro di questo meccanico inglese: la macchina va così bene che pare difficile credere che abbia subìto un intervento così invasivo. Ancora qualche chiacchiera tecnica e tentativi di diagnosi (ne parlo più sotto), poi la consegna delle chiavi (e di un sacchetto di dolcetti italiani...) e il congedo definitivo, a metà pomeriggio, da questi due gentiluomini senza i quali davvero non avremmo saputo che fare. Una smentita colossale per tutti coloro che considerano la gente del nord fredda e distaccata, in contrasto con una presunta maggiore simpatia mediterranea: dovunque siamo andati, anche nelle situazioni più tese, non abbiamo trovato altro che infinita cortesia e disponibilità.
All'inizio del tramonto ci siamo quindi ritrovati nuovamente a York, che ormai ho eletto a mia "capitale personale" nei viaggi nel Regno Unito. Una città con una tale storia e cultura, così strategica geograficamente, così bella e a misura d'uomo. Ci siamo proprio goduti una passeggiata serale in questo gioiello d'Inghilterra: i ponti sulla Ouse, le mura e il centro medioevale, le case georgiane, la cattedrale (una delle più grandi a nord delle Alpi) e il castello.
La mattina seguente, previo ordine nel bagagliaio ancora testimone dei trambusti di Aberdeen, abbiamo detto arrivederci all'antica Eboracum e sfidando il destino ci siamo immersi nelle brughiere a nord per arrivare, finalmente, a Whitby, attesa destinazione di quest'estate cui avevamo dovuto rinunciare a causa del primo guasto.
Questo vecchio villaggio sul mare del Nord è per me particolarmente significativo per il suo legame con James Cook, l'esploratore inglese settecentesco del Pacifico, cui ho dedicato nientemeno che la mia tesi di laurea in antropologia... andarci era rendere omaggio ad un personaggio cui devo molto e non solo per i miei studi. Dopo aver parcheggiato, quindi, per prima cosa ci siamo recati nel suo piccolo museo: una grande emozione ritrovare mappe, ritratti, oggetti delle tre spedizioni e ricollegarli alle mie ricerche. Dopo la visita abbiamo percorso a piedi il pittoresco centro del villaggio affollato di turisti per il fine settimana, siamo saliti in cima fino alle rovine della vecchia abbazia (un'altura da cui si vede benissimo tutto l'ingresso del porto) e infine siamo ridiscesi alla ricerca di un chiosco di "fish&chips" sulla spiaggia.
Qualche cartolina scritta su una panchina sul molo per poi riprendere la DS e concludere degnamente tutto con una foto sotto la statua del grande capitano, che domina la baia dall'alto. "Circa orbem nihil intentatum reliquit" (in giro per il mondo non ha lasciato nulla di intentato), un motto non lontano dal mio approccio al viaggiare che l'esperienza di quest'estate ha reso forse ancora più autentico...
Nel pomeriggio abbiamo ripuntato il muso verso sud, passando per Scarborough e quella traversa maledetta dove era avvenuto il primo intoppo, giungendo con congruo anticipo a Kingston upon Hull per l'imbarco serale sulla "Pride of Bruges".
La Red Ensign britannica garrisce gloriosa sul pennone della nave, fonte di riflessione per noi a poppa a guardare l'Inghilterra allontanarsi all'orizzonte: quante emozioni alterne ci ha dato in questi mesi, senza mai riuscire a farci smettere di amarla: la promessa di un ritorno è stata doverosa e inevitabile.
La mattina successiva, 4 ottobre, sbarco a Zeebrugge in perfetto orario. Sole misto a nebbia, decisamente un'atmosfera affascinante tra i moli deserti del porto e poi nelle pianeggianti strade del Belgio.
Tappa ad Anversa (altro posto dove tornare) per un pieno di carburante necessario in un paese dove le aree di servizio scarseggiano (sono arrivato con cinque litri alla pompa) e per pranzo ci siamo fermati a Maastricht, di passaggio a trovare un amico che studia lì. Un incontro mordi-e-fuggi vista la tabella di marcia incombente, ma è stata tra l'altro la prima volta della mia macchina in Olanda. Così quest'estate i paesi attraversati sono stati
sette...
Verso le tre del pomeriggio siamo rientrati in Belgio presso Liège per iniziare i vari saliscendi delle Ardenne fino al tristanzuolo e piovoso Lussemburgo, dove abbiamo preso l'unica acqua di tutto il viaggio.
Il confine francese è stato quindi doppiamente apprezzato; ancora un'ora e mezza di strada ed eravamo a Epinal, nostra tappa per la notte, davanti alla prima cena decente dal giorno della partenza. Era tra l'altro anche il compleanno del mio compagno di viaggio, già che mi ha sopportato non potevo non offrirgli una cena in una degna brasserie... respirando a pieni polmoni quell'aria di Francia che è già un po' aria di casa.
La mattina del 5 ottobre ultimo risveglio all'estero: colazione a café e croissants in centro, qualche acquisto culinario al supermercato e poi via per i Vosgi fino alle porte di una Basilea insolitamente soleggiata e limpida.
La vista delle Alpi, poche decine di chilometri dopo, è stata decisamente mozzafiato coi ghiacciai che brillavano al sole; un incredibile segno di vicinanza a casa, invece del solito inespugnabile confine naturale. Abbiamo passato la galleria del San Gottardo poco dopo pranzo e dopo una rapida cavalcata in discesa abbiamo ritrovato increduli il nostro lago Maggiore e
casa. Due mesi dopo però.
CONSIDERAZIONI FINALICos'è successo?La cosa più assurda che potesse accadere. La frizione in sè e le sue componenti non hanno mostrato problemi particolari, se non quelli di normale usura; come ha scritto qualcuno, la meccanica era stata rimessa a nuovo l'anno scorso e aveva sul groppone circa diecimila chilometri (la mia percorrenza annua).
La causa di tutto è stata piuttosto la forcella originale:
Un cedimento strutturale progressivo del metallo che aveva forse già qualche debolezza non visibile, che-dai-che-ti-ridai con una frizione nuova si è progressivamente deformato micron dopo micron fino a... squagliarsi del tutto superata una certa soglia. Confrontata con una forcella a posto c'è una differenza di un paio di centimetri, quanto basta a non far lavorare più la frizione, anche portando all'estremo le regolazioni. Che facevo, la prendevo a mazzate? Rischiava pure di spezzarsi. Per sostituirla, come molti di voi sanno, non c'è stato altro da fare che sbarcare il cambio.
Col senno di poi si poteva fare altro? Non lo so e non credo; tenete presente poi che quando si è dentro una situazione simile già riuscire a ragionare non è facile. Personalmente piuttosto che far fare un intervento così complesso ad un meccanico generico in Scozia (capitan Uncinema lo ha spiegato efficacemente con quella foto) ho preferito che se ne occupasse uno specialista, anche se ciò ha comportato notevoli spese di trasporto. Soprattutto perché dovevo tornare in Italia: chi si fida di un'officina normale per riaccordare tutti quei tubi e tubicini? E io non sono un meccanico, posso limitarmi a qualche diagnosi teorica...
A tuo parere questa vicenda è la dimostrazione che in DS non si può più viaggiare? E' il tuo ultimo viaggio, piccolo incosciente?Ho visto che su questo c'è stato un acceso dibattito e ho visto pareri opposti molto interessanti. Personalmente non condivido (ma capisco) la visione di Dino, dal mio punto di vista avere una DS e non poterci viaggiare è come non averla. E non considero l'uso che ne faccio una violenza, perché comunque è un oggetto cui tengo molto e su cui spendo regolarmente in tagliandi e manutenzione per tenerla il più possibile in efficienza e coerenza storica. Sempre al coperto quando è ferma, ma non teme la pioggia quando deve viaggiare.
Non penso che in DS non si possa più viaggiare; i miei viaggi precedenti e il mio itinerario di ritorno senza alcun intoppo e a chilometraggi e medie notevoli ne sono forse la dimostrazione. Si è rotto tra l'altro un elemento che nulla ha a che fare con la particolarità DS, non sono rimasto a piedi per un problema idraulico. Poteva succedermi la stessa cosa con una Renault 4 o una Jaguar XJ6. Piuttosto la domanda è allora se si può ancora viaggiare in auto d'epoca, e la risposta diventa molto personale.
Questo viaggio è stato un atto di incoscienza? I chilometri previsti inizialmente erano 3500 (il traghetto è utilissimo), quindi la stessa distanza che ho percorso nel 2012 senza alcun problema con una macchina ancora fondamentalmente senza grossi lavori sopra durante il viaggio per l'ICCCR. A rigor di logica, se ero tornato sano e salvo allora, avrei dovuto avere anche meno problemi stavolta. Così non è stato, ma come detto il guasto è stato dovuto a una enorme dose di sfortuna più che ad errori di montaggio o problemi di ricambi. Alla sfortuna non ci credete? Nemmeno io, ma questo intoppo era totalmente imprevedibile ed è ovviamente accaduto nel punto più lontano da casa invece che sulla tangenziale Est di Milano.
E' il mio ultimo viaggio? Ci ho pensato a lungo, a questa domanda. E'
LA domanda. Dopo un mese di pausa la risposta era tendente al sì. Ma quando ero di nuovo al volante su quella specie di nuvola in corsia di sorpasso su e giù per le Ardenne a superare vetture ben più blasonate non ne ero più tanto sicuro.
Certamente mi servirà tempo per rimettere in piedi un rapporto di fiducia. E certamente per un po' la macchina starà ferma o in giro attorno a casa per far riempire di nuovo il portafogli. Ma l'anno prossimo probabilmente l'Europa chiamerà di nuovo. Forse andremo meno lontano, questo sì.
Ragazzi, sono andati via
veramente tanti soldi. Ma voglio pensare che una catastrofe simile capiti una volta nella vita, e alla mia età alla fine è stata un'avventura che ricorderò comunque con piacere ed emozione. Capisco però il punto di vista di chi non vuole restare a piedi in Danimarca con la moglie...
L'assicurazione? Di solito sono l'ultimo a prendermela per queste cose. Ma ho visto una tale inefficienza, una tale presa in giro che non potevo lasciar correre (viste appunto le spese collaterali sostenute per colpa loro). Siamo stati letteralmente abbandonati a noi stessi, e questo non è giusto. Macchina d'epoca o meno, per contratto devono venirti a salvare anche la notte di Natale sul Tonale innevato. Sennò che ci stanno a fare? Perciò, in accordo con gli altri quattro viaggiatori che mi sono stati testimoni, abbiamo deciso di procedere tramite avvocato per rimborso e danni. Non so come finirà, ma era giusto tentare.
FINE PS Ah, il titolo del topic?
Doccia scozzese:
un trattamento idroterapico che consiste in una alternanza di docce calde e fredde.
Direi che è piuttosto calzante, vista l'alternanza di sentimenti estremamente positivi ed estremamente negativi.