La faccenda è diversa e ne abbiamo già parlato diverse volte: per capire a cosa servisse fabbricare DS in Belgio (ma anche in Spagna, Portogallo, Yugoslavia, Sud Africa, Messico, Regno Unito e Australia) dovete tornare qualche anno indietro, in un periodo in cui esistevano i dazi doganali e addirittura i contingentamenti per le importazioni.
Ne abbiamo parlato in Lomellina giusto qualche giorno fa con Camillo Saini che ci ha spiegato come l'Italia potesse aggirare queste limitazioni "scambiando" l'esportazione di lavoro italiano (gli stampi e gli attrezzi fabbricati in Gattamelata) con quantità maggiori di vetture importabili.
Fatto che che prima del MEC, esisteva il Benelux (BElgium, NEderland, LUXembourg) ovvero il mercato comune tra Belgio, Olanda e Lussemburgo. Tra questi tre Paesi c'era libero scambio e negli anni '20 André Citroën decise di impiantare una fabbrica in quei Paesi dove assemblare auto destinate a quel mercato.
Del resto, è la stessa cosa André fece in Italia nel 1924, costituendo a Milano una fabbrica dove assemblare le 5HP e le 10HP e poi le AC4/AC6, per venderle nell'iperprotetto mercato italiano ai tempi del regime fascista.
Fatto è che il Benelux rimase un mercato chiuso anche dopo la guerra e Citroën continuò ad assemblare lì le DS (e molti altri modelli) per i Paesi che vi aderivano.
Le DS fatte in Belgio, tuttavia, non erano destinate solo a quel mercato, ma anche ad altri, come la Germania, l'Italia e persino la stessa Francia.
A differenza delle DS fatte in Francia, quelle prodotte a Forest sono chiaramente identificabili dal loro numero di telaio che dice non solo se si tratta di una "meccanica" o "semiautomatica", ma anche se è o meno una Pallas e persino il Paese a cui è destinata!
Evidentemente, le DS ritratte sulla catena sono destinate all'Italia. Paiono delle '69 (ho altre foto dove si vede il filtro aria nero del DX2) e in quell'anno ne arrivarono tantissime: DS21 e IDSuper, principalmente.