Il numero di Ruote Classiche di Settembre, oltre al già citato trafiletto dedicato al Museo Bertoni, si apre con un interessante editoriale firmato da Michele Marchianò.
Per chi non ha ancora avuto modo di leggere Ruote Classiche di questo mese o per chi non lo farà mai riporto fedelmente il testo dell'editoriale (mi sono permesso solo di evidenziare i passaggi che ritenevo più "caldi") sperando di non fare torto a Ruote Classiche.
"Per anni l'automobilismo storico è vissuto ai margini della cronaca, ritagliandosi di tanto in tanto qualche spicchio di popolarità. Ora invece occupa pagine intere sui giornali ed è argomento di grandi dibattiti che coinvolgono collezionisti, ambientalisti, amministratori, tecnici, politici. Il settore sta vivendo di conseguenza una grande esplosione di popolarità che tuttavia gli si sta rivolgendo contro. Dopo aver fatto il botto di simpatia sui giornali e in televisione grazie al revival della Fiat "500", ha cominciato a suscitare qualche sospetto (soprattutto tra i Verdi) non appena la grande stampa ha divulgato i dati sulla probabile consistenza del fenomeno. La federazione a cui fanno capo tutti i collezionisti italiani dice che in Italia gli appassionati sono oltre 100.000, con un parco vetture tre volte più numeroso. Ma il Corriere della Sera del 27 giugno, in un servizio titolato "Auto storiche, il caos è totale", ha ritoccato al rialzo quel dato e ha ipotizzato addirittura 600.000 utenti, con la conseguente proiezione di 1.800.000 potenziali "storiche". Nel primo come nel secondo caso, troppe per essere vere. Se così fosse in Italia avremmo infatti tanti collezionisti di automobili d'epoca quanti sono gli iscritti alla Federazione Calcio. Dunque non più una nicchia formata da sinceri appassionati, ma una nuova e consistente categoria di persone che si è aggiunta al nucleo sano dei collezionisti solo per la convenienza, fiscale e assicurativa, che si può ottenere con vetture registrate come "storiche" ma adoperate come "moderne". Colpa delle certificazioni facili che non favoriscono certamente i veri appassionati, proiettati in un affollatissimo ed eterogeneo calderone dove sono costretti a condividere, volenti o nolenti, la sorte dei tanti che l'auto storica non sono interessati a conservarla ma a sfruttarla.
Questa commistione è stata favorita da una strategia rischiosa, quella del "più siamo, più contiamo". Qualcuno ha pensato che con tante tessere sarebbe stato possibile convincere politici e amministratori locali a lasciare le auto storiche fuori dalle problematiche determinate dall'inquinamento. Invece è successo esattamente il contrario e ora non sarà facile convincere chi deve legiferare che il collezionismo è solo cultura che non inquina."
L'editoriale, al di là delle sfumature di pensiero che ognuno di noi giustamente farà, merita (meriterebbe) una riflessione.
Voi che ne dite ?